Indagini per una diagnosi "sicura"

Intervista al Prof. Gianfranco Gualdi, Responsabile Radiologia d’Urgenza Azienda Policlinico Umberto I Università “La Sapienza” di Roma

Si legge che la moderna radiologia ha fatto passi da gigante nella prevenzione dei tumori: nel caso dei tumori dell’intestino cosa può dirci?

Sì è vero ha fatto passi da gigante nella diagnosi delle patologie tumorali all’intestino. Oggi possiamo infatti effettuare l’esame di colonscopia virtuale: si tratta di un’indagine non invasiva che consente di valutare il lume del colon senza inserire l’endoscopio nel colon stesso. L’esame consiste in una TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) che permette di ricostruire, su una particolare consolle detta “workstation”, le immagini del lume intestinale con una visione tridimensionale virtualmente navigabile. Tale tecnica ha il vantaggio di rilevare anche manifestazioni espansive inferiori al centimetro. Può essere usata nella prevenzione dei tumori del colon ma con specifici accorgimenti: l’indicazione è di pertinenza medica perché l’esame comporta l’impiego di radiazioni ionizzanti che se abusate possono provocare danni all’organismo.

Secondo la sua esperienza, quali sono le indicazioni per la colonscopia virtuale rispetto a quella tradizionale?

Se vogliamo fare un discorso di diagnosi, sicuramente la colonscopia virtuale si affianca all’esame tradizionale. Ci sono però delle situazioni particolari quali ad esempio le lesioni piatte; in tal caso la colonscopia virtuale presenta alcuni limiti: la colonscopia tradizionale, a differenza di quella virtuale, permette, infatti, di caratterizzare la lesione che si vede e di effettuare un prelievo bioptico per l’esame anatomopatologico. Per la ricerca delle metastasi, la valutazione dell’estensione locale e della diffusione a distanza, la TAC e la Risonanza magnetica, poi, sono le tecniche più sensibili e valide.

In quali casi viene prescritta, invece, la PET (Positron Emission Tomography)?

La TAC dà informazioni solo dal punto di vista morfologico, ovvero permette di valutare l’alterazione della morfologia dell’organo da esaminare, la PET, invece, ha il vantaggio di fornire informazioni di tipo funzionale, o meglio se l’organo ha una funzione alterata. Allora mettendo insieme le due tecniche, TAC e PET, si possono avere maggiori informazioni sia di tipo morfologico che funzionale. Nella maggior parte dei casi la TAC e/o la Risonanza magnetica sono più che sufficienti per uno studio adeguato della stadiazione del tumore. Alla PET, invece, si ricorre nelle situazioni particolari di stadiazione o follow up della malattia.

Ci parla dei rischi della TAC?

La TAC comporta l’impiego di radiazioni ionizzanti. Pertanto, l’abuso indiscriminato di questo esame senza una logica evidente, a lungo andare può risultare pericoloso per il soggetto che vi si sottopone per effetto dose cumulativa di radiazioni, nonostante la TAC total body comporti un rischio basso di sviluppo di neoplasie. Per questo motivo, è giusto ricorrere a tale tipologia di esami con indicazione clinica precisa e non per periodici screening semestrali. Di fronte ad un paziente con tumore sospetto o già accertato, è consigliabile fare una TAC per avere ulteriori informazioni sulla malattia. Se, invece, siamo di fronte ad una patologia asintomatica non è indicato eseguire controlli continui con la TAC.

Sulla stampa scientifica internazionale si parla molto dei rischi connessi ai campi magnetici usati nella Risonanza magnetica, cosa ci dice in proposito?

Riguardo alla Risonanza magnetica, a parte queste ultime segnalazioni sulla rivista scientifica Lancet, fino ad oggi non ci sono stati inconvenienti con i campi magnetici in esercizio clinico (da 1 a 3 tesla). Con intensità di campo superiore possono, invece, insorgere problemi: più è bassa l’intensità del campo magnetico e meno ce ne sono. In merito al mezzo di contrasto usato per la Risonanza magnetica, il gadolinio, sono rarissimi i casi di allergia riscontrati: 1 per 1milione di casi. Biologicamente diverso è il discorso legato al mezzo di contrasto usato per la TAC perché è iodato. Ma anche qui oggi si usano mezzi di contrasto non ionici, con meno complicanze. Certo non si possono totalmente escludere eventuali reazioni allergiche, ma sono molto rare e possono essere dominate da farmaci specifici: sono esami che si effettuano in strutture attrezzate, come ospedali, case di cura, etc., sempre in presenza dell’anestesista (quando si prevede l’infusione del mezzo di contrasto).

È vero che attualmente in molte situazioni la radiologia moderna consente di eseguire biopsie molto precise?

Oggi si possono eseguire biopsie estremamente precise sotto guida ecografica o TAC e, nel caso della mammella, anche sotto Risonanza magnetica. Si può individuare esattamente dove posizionare l’ago nel contesto di una lesione e aspirare in modo mirato il materiale da analizzare. Si riducono, così, i tempi della diagnosi, in modo non invasivo. La tecnica consiste nell’inserimento di aghi sottilissimi nell’organo da studiare (come fegato, pancreas, polmone, etc.) evitando di sottoporre il paziente ad intervento chirurgico per il prelievo di materiale sospetto. Tale esame consente, infatti, di capire la natura della neoformazione, eliminando sia i pericoli di una eventuale disseminazione di cellule tumorali che complicanze legate ad interventi chirurgici. Con queste tecniche oggi è possibile effettuare prelievi mirati anche sulla mammella.

Autore: Silvia Mattoni